Veneto

Arte e storia di Padova

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Uno degli itinerari che si possono seguire in città ci porta sulle tracce di Padova Romana e paleocristiana, visibili in alcuni monumenti e siti quali: il sottosuolo della Cattedrale che conserva mosaici, resti di colonne, urne di terracotta, pietra lavorate, ossa di bue e di cavallo: forse resti di antichi sacrifici pagani. Alcuni capitelli bizantini con l’iscrizione alla Dea Fortuna si trovano ora al Museo Civico agli Eremitani. Altri oggetti, quali pietre, croci ecc., sono nel Museo Diocesano.
La Chiesa di Santa Sofia che, con la Cattedrale e con la chiesa di Santa Giustina è senza dubbio uno dei primi luoghi di culto del cristianesimo a Padova, secondo alcuni studiosi sorgerebbe sulle rovine di un tempio pagano. L’origine dell’edificio risalirebbe all’epoca longobarda-carolingia. Da un privilegio del vescovo Sinibaldo del 1123 si sa che una chiesa dedicata a Santa Sofia qui esisteva nel 1106 e veniva ricostruita. Una terza fase risalirebbe al 1123-27. La facciata ha cinque arcate nel corpo centrale inferiore, e sopra, due colonne, il rosone, la bifora, le finestre, gli archetti pensili. All’interno, di particolare interesse i capitelli dei pilastri e delle colonne, e l’abside.

L’Antico Oratorio di Santa Maria e San Prosdocimo a Santa Giustina, fatto costruire da Opilione, prefetto del pretorio di Teodorico (sec. VI),è il più antico manufatto architettonico esistente in Padova. Caduti i suoi bellissimi mosaici, che raccontavano la vita di San Martino vescovo, in seguito ad un terremoto nel 1117 (frammenti consistenti sono ora custoditi nel convento di Santa Giustina), venne restaurato dopo la seconda guerra mondiale. I reperti più importanti sono la Tomba di San Prosdocimo, (con l’immagine clipeata, che rivela l’arte ravennate del V/VI secolo; il Santo Vescovo, secondo la tradizione visse tra la seconda metà del III secolo e la prima metà del IV, al tempo di Santa Giustina e la sua storicità è oggi ammessa dagli storici più accreditati), il Sacello di San Prosdocimo con iscrizione che ricorda la traslazione di molte reliquie; l’iscrizione del timpano del portale della Basilica di Opilione del Vi secolo (interessanti sono le due croci, sotto la corona di alloro, che recano le due lettere greche omega e alfa, la seconda riporta le stesse lettere ma in ordine inverso: la prima indica il passaggio dalla morte alla vita, la seconda invece significa che Cristo è il Signore di tutto l’universo. Significativi anche due plutei (forse appartenenti all’antica basilica) che recano simboli paleocristiani di grande interesse, come colombe, pavoncelli, vite, ecc..
Tomba di Antenore: la leggenda di Antenore, mitologico fondatore di Padova, trae origine dall’Eneide (I, 242,249) dove Virgilio descrive la fuga di Antenore da Troia, il suo vagare ramingo nei mari, l’approdo dopo la fonte del Timavo e la fondazione di Padova, porta inoltre l’iscrizione: “…qui ora riposa composto in placida quiete”, l’allusione alla sepoltura di Antenore a Padova trovò grande risonanza quando, nel 1274, si rinvenne un’arca marmorea contenente una duplice bara di cipresso e piombo. Il committente dei lavori, Lovato de’ Lovati, pensò di aver scoperto proprio le preziose spoglie dell’eroe troiano. Nel 1334 l’arca situata in Piazza Antenore venne riaperta per onorare “il sangue troiano” e in quell’occasione venne trovata l’aurea spada di Antenore incisa in versi poetici che il popolo padovano cedette ad Alberto Scaligero. La leggenda non ha purtroppo trovato riscontro durante i restauri del 1985. All’interno della cassa furono rinvenuti i resti incompleti di uno scheletro. Il grosso foro sulla fronte del teschio, sicuramente provocato da un’arma da taglio, lascia supporre che questo personaggio sia morto in combattimento. Il corpo era stato imbalsamato artificialmente con aloe, storace e forse anche mirra, fatto abbastanza eccezionale per quel periodo. Dall’esame di un frammento osseo, effettuato dal Dipartimento di Fisica dell’Università di Tuxon in Arizona, risulta che l’inumato visse fra il III e il IV secolo d.C., periodo che esclude per sempre la leggenda del principe Troiano.
Ponte di San Lorenzo o dell’Università, è il ponte romano (40-30 a.C.) meglio conservato e il più conosciuto a Padova. Viene menzionato in documenti medievali a partire dall’XI secolo col nome di ponte Santo Stefano; tale denominazione durata fino al XV secolo era dovuta alla vicinanza dell’omonimo convento femminile benedettino. Nel Cinquecento il ponte assunse il nome di San Lorenzo dall’attigua chiesa.
Anfiteatro romano è una delle costruzioni dell’antica Patavium ancora visibili. Probabilmente risale all’epoca augustea (I secolo a.C.), il periodo del massimo splendore dell’antica città. L’Arena di Padova era simile a quella di Verona, circondata da mura ellittiche, con 80 archi ed all’interno delle mura vi era un ulteriore cinta muraria sostenuta da volte e botte sulle quali erano posizionati i gradini della platea. Rovinato dagli eventi atmosferici e dagli interventi umani, l’Arena divenne proprietà del Comune di Padova nel 1909 e le sue pietre vennero usate per la costruzione di case e palazzi.

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